Derawan, per quanto ancora “isola dimenticata dal tempo”?

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“We live in a beautiful world 
Yeah we do 
Yeah we do 
We live in a beautiful world” (Coldplay, Don’t Panic)

L’isola di Derawan, situata nell’arcipelago Sangalaki in una zona molto remota al largo delle coste dell’East Kalimantan , era da tempo uno dei miei obiettivi principali tra le moltissime isole dell’Indonesia. Durante le mie ricerche per il viaggio mi ero imbattuto in un interessante articolo di un autore della LP che la descriveva come un luogo paradisiaco, il titolo era: “Derawan, the Island that time forgot” e l’incipit “a place hard to reach but easy to love”. L’articolo era però datato fine 2008 e ovviamente mi ero chiesto se l’isola non fosse già stata devastata dal turismo di massa, che ormai è in grado di distruggere qualsiasi luogo in pochi anni. Altri articoli e post più recenti però mi avevano rassicurato: qualcosa era cambiato, Derawan stava iniziando a diventare popolare tra i divers, ma fondamentalmente era rimasta quella sonnolenta isola di pescatori fuori dal mondo descritta dal tizio della LP. Una tizia che c’era appena stata la definiva una specie di Ko Tao degli anni ’90 ( anche se secondo me il paragone è un po’ forzato, Derawan è molto più piccola e isolata, e non si trovano né droghe né alcolici ).

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Derawan è ancora abbastanza difficile da raggiungere, dalla Malesia ( Tawau ) ci vogliono almeno 2 giorni di viaggio con i mezzi pubblici e l’aeroporto più vicino è quello di Berau che però non è internazionale. E nulla di tutto ciò è a buon mercato, per l’opzione più economica tra traghetti e auto collettive ci vogliono una settantina di euro, che qui nel Sud Est Asiatico sono una cifra importante. Quindi ciò significa che da quelle parti difficilmente si incontreranno i backpackers del banana pancake o turisti organizzati in gruppi numerosi. C’è un resort, un paio di dive centers e qualche warung che vende anche souvenir, ma è evidente che la fase devastante del turismo non è ancora iniziata: qualche segnale però c’è, quindi è abbastanza probabile che l’isola cambierà radicalmente in pochi anni, anche se difficilmente diventerà come le isole più note del Sud della Thailandia. I backpackers però arriveranno, ormai tra i “must” di questo tipo di viaggiatori, molto influenzati dalle mode del momento, ci sono anche le immersioni e questo arcipelago offre davvero diving di altissimo livello in un ambiente marino realmente “unspoiled”. E quindi questa isola è sicuramente uno di quei posti da visitare prima possibile se si passa da quelle parti, se si vuole trovare ancora un posto relativamente incontaminato.

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La maggior parte degli abitanti del villaggio sono i famosi bajau, gli “zingari del mare”, un gruppo etnico molto interessante originario delle isole del Sud delle Filippine che però ora sono diventati stanziali, anche grazie al turismo. Questa gente comunque viveva una vita nomade marina, passando gran parte della vita su barche coperte che riunite formavano un vero e proprio villaggio. Sono famosi per le loro abilità nella pesca, soprattutto quella subacquea. Le donne si cospargono il viso con una pasta bianca simile a quella usata dalle birmane.

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Ma al di là dei fondali quest’isola è davvero così eccezionale? Stiamo parlando dell’Indonesia, un Paese con migliaia di isole per tutti i gusti, quindi se un posto diventa in qualche modo popolare evidentemente deve avere qualcosa in più. Il mare è strepitoso, ci sono tanti pesci tropicali e coralli e tantissime tartarughe giganti. Ma il bel mare si può trovare anche altrove, a me sono piaciute di più altre cose, anche se ho passato giorni interi a guardare passare le tartarughe e i pesci volanti tra un bagno e l’altro o a contemplare i fantastici colori del mare. Mi sono piaciute di più l’atmosfera rilassata da posto “fuori dal mondo”, la tranquillità e la cortesia degli abitanti del villaggio, le mattinate passate sotto la veranda ad aspettare che passi il violento temporale tropicale.

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Volendo oltre alle immersioni c’è la possibilità di fare dei “day trip” nelle vicine isole dell’Arcipelago ( tra le quali un atollo con un lago al centro pieno di meduse non velenose ) ma un po’ per pigrizia e un po’ perché non ho trovato altri viaggiatori con i quali dividere l’alto costo della barca alla fine ho preferito rinunciare e farmi un altro paio di giorni di puro cazzeggio. Chi c’è stato comunque ne parla in modo entusiastico.

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