Vigan, Ilocos Sur, Filippine
L’India e’ un paese straordinario, che ha ancora moltissimo da offrire ai viaggiatori davvero interessati a scoprire i suoi segreti. In quasi ogni Stato ci sono meraviglie e misteri che attendono di essere svelati, ma non aspettatevi di trovare queste cose sulla lonely planet o sui blog piu’ popolari: bisogna impegnarsi, cercare informazioni in oscuri siti, forum e blog che spesso si trovano oltre la decima pagina di google, chiedere informazioni ai locali, ma soprattutto abbandonare sul serio i backpacker trails e lasciarsi guidare dall’ispirazione.
Nei miei ultimi viaggi nel subcontinente ho dimostrato ampiamente che la vecchia storia dell’India “ormai troppo turistica” e’ una gran bufala: la realta’ e’ che pochissimi sono disposti a lasciare la comoda via ben battuta e andare verso l’ignoto. Il premio per quei pochi e’ la possibilita’ di scoprire zone incontaminate, conoscere culture antichissime e misteriosi gruppi tribali.
I “famosi” territori tribali dell’India centrale, che si trovano in una vasta area tra l’Andhra Pradesh, l’Orissa e il Chhattisgarh, erano da molti anni sulla mia lista di posti da visitare, ma per un motivo o per l’altro avevo sempre rimandato. In piu’ non ero molto convinto che queste zone fossero realmente incontaminate, e soprattutto sull’Orissa avevo letto e sentito molte brutte storie di turismo da zoo umano, ma comunque come al solito ho deciso di andare a verificare di persona e iniziare la mia esplorazione senza pregiudizi. Poi c’e’ da considerare che il 90% della gente che fa questo tipo di viaggi lo fa aggregandosi ad un tour ( di solito organizzato a Puri ): ovviamente diranno che loro sono viaggiatori e non turisti, ma la sostanza non cambia, e il loro giudizio sara’ quello di un turista che fa un viaggio organizzato.
Dopo un paio di giorni di piacevole cazzeggio a Vizag, citta’ famosa per le sue belle coste sul Mare del Bengala e per i piccantissimi thali ( e in realta’ migliore di altre metropoli indiane, malgrado venga spesso descritta come una citta’ orribile ), mi dirigo quindi verso le abbastanza sconosciute zone tribali del nord dell’Andhra Pradesh. L’unica localita’ degna di nota di questa area e’ Araku, una piccola hill-station tra verdi colline dove i turisti indiani vengono a rilassarsi in fuga dalle torride e caotiche citta’ nei dintorni. Il viaggio in treno e’ stupendo ed e’ in effetti considerato una delle attrazioni turistiche della zona: il lentissimo treno passeggeri Kirandol Pass lascia la costa e dopo un breve tratto di pianura si inerpica sugli “Eastern Ghats” seguendo un ardito percorso scavato nella roccia e attraversando decine di gallerie. Il panorama e’ spettacolare. Ci sono molti ragazzi in gita scolastica alle grotte Borra ( che sono il motivo principale che attira da queste parti i turisti ) e ad ogni galleria tutti urlano, ululano e battono i piedi per terra.
Nell’ultimo tratto salgono molti tribali, alcuni portano sulla testa o con grossi bilancieri delle grandi ceste di vimini, dove probabilmente hanno varie cose da vendere nei mercati ( haat ) settimanali. Il paesaggio in questa ultima parte e’ tipicamente bucolico, anche se il raccolto c’e’ stato un paio di settimane fa e non ci sono molte persone che lavorano nei campi. I colori predominanti sono il giallo, il rosso e il verde, per un’attimo ho l’impressione di essere di nuovo in Africa. I villaggi sono molto belli, con case di fango e tetti di coppi o di lastre di pietra.
Ad Araku mi stabilisco nel classico hotel di fronte alla stazione: presto pero’ scopriro’ che il villaggio vero e proprio, dove ci sono hotel e negozi, si chiama Araku Valley e si trova a circa 2 chilometri. C’e’ pero’ un efficiente servizio di tuc tuc collettivi. E’ un villaggio molto piccolo che si trova nel cuore della valle omonima, dove i tribali dei villaggi vicini ( uno di questi si trova accanto al mio hotel ) vengono a fare la spesa al mercato o a socializzare. Gli uomini sembrano piu’ o meno tutti uguali, mentre le donne a seconda del gruppo di appartenza hanno diversi ornamenti, tatuaggi e un caratteristico modo di annodare il saree ( che non e’ un vero e proprio saree, in genere molto lungo, ma spesso un semplice telo poco piu’ grande di un asciugamano. Sono tutti fisicamente piuttosto minuti, in particolare le donne, alcune delle quali sono davvero minuscole. I tratti del viso sembrano il risultato di un mix tra razze africane ed indiane.
C’e’ anche un piccolo museo tribale abbastanza interessante e utile per avere un’idea di come vivono queste persone e per avere informazioni sui diversi gruppi. Proprio al museo scopro che l’indomani iniziera’ un festival tribale di 5 giorni con mercatino ed esibizioni di gruppi folkoristici: non chiedevo di meglio, sara’ un’ottima occasione per iniziare a conoscere meglio questa affascinante cultura e, cosa non trascurabile, sono l’unico straniero nel raggio di almeno 100 chilometri.
Non ho trovato molte informazioni su questa zona, quindi decido di cominciare l’esplorazione in Orissa e di fare solo qualche camminata nella valle. In ogni caso i villaggi sembrano sparsi in un’area piuttosto vasta e senza un’itinerario ben studiato con una guida o con un locale non ci sono possibilita’ di vedere granche’.
Il festival si rivela piu’ interessante del previsto, ci sono workshop di artigianato locale e vari gruppi folcloristici anche di altri stati. Dopo la lunga inaugurazione con il solito politico grassoccio che viene trattato come un principe, iniziano le danze: il primo gruppo e’ quello dei tribali locali che eseguono la “dhimsa”, con le donne che ballano abbracciate e gli uomini che suonano strani strumenti tradizionali. Il “clou” della serata e’ l’esibizione dei famosi danzatori del Manipur, che non ero riuscito a vedere quando c’ero stato, davvero molto affascinante e unica.