( Borneo Malese )
Dopo circa una settimana passata a Bario decido che è ora di inoltrarsi nella “vera” giungla, la foresta vergine, quella primaria. Sembrerà strano ma anche qui nel Borneo Malese ormai è una rarità e fuori dai parchi sono pochissime le giungle millenarie rimaste realmente incontaminate. Una di queste si trova nella zona di Pa’ Lungan, un luogo piuttosto remoto e selvaggio che si trova a pochi chilometri dal confine Indonesiano tra alte montagne.
Il villaggio dista una quindicina di chilometri da Bario ma non ci sono strade ( volendo si può fare un pezzo in 4wd ), si può raggiungere solo a piedi seguendo il bel sentiero che si inoltra nella fitta foresta. In città dicono che è meglio andarci con una guida ma in realtà si tratta di un largo sentiero ben battuto dove è praticamente impossibile perdersi, l’unica difficoltà può essere solo qualche tratto nel fango soprattutto se ha piovuto di recente ( qui le scarpe da trekking servono a ben poco, guardate la foto…).
Pà Lungan mi appare come un miraggio nella giungla, è un bellissimo villaggio di circa cento anime con belle case in legno, una chiesetta e un campo da calcio. Non ci sono selvaggi tatuati ma persone molto gentili e sorridenti che vestono abiti occidentali. Come detto non ci sono strade e ciò che serve arriva trasportato con i bufali che trascinano una specie di slitta, che è l’unica cosa che si può usare in queste zone così fangose. Non ci sono nemmeno linee elettriche o telefoniche, ci sono solo 3 o 4 generatori che vengono accesi la sera.
Incontro un gruppo di uomini che stanno costruendo la casa del pastore vicino alla chiesa, mi salutano e mi indicano la bellissima Batu Ritung guesthouse che si trova al centro del villaggio. Uno di loro parla inglese e lo ingaggerò come guida per inoltrarmi nella foresta primaria che si trova a circa due ore di cammino. Il proprietario del posto, Nabun, è gentilissimo, mi offre un caffè e poi mi porta subito a fare un giro per vedere il monolito che dà il nome alla sua locanda. Ce ne sono diversi in questa zona, nessuno sa di preciso chi li abbia scolpiti né perché. Questo comunque era sicuramente una tomba di un ricco capo villaggio, mentre altri hanno strane iscrizioni con figure umane o animali. Uno molto bello l’ho trovato per caso quando mi sono perso nei dintorni di Pà Umor: c’era raffigurato forse un guerriero con delle tacche che a quanto pare indicavano le teste tagliate ai nemici… Mi mostra anche alcune orchidee selvatiche, qualche pianta carnivora e poi il laghetto dove alleva pesci, le piante di ananas quasi maturi e la stupenda serretta con tantissime orchidee in fiore.
I primi due giorni mi rilasso un po’ e mi godo la bellezza del posto, la deliziosa cucina di Supang ( buonissimi i vari curry, soprattutto quello all’ananas ) e mi dedico all’esplorazione dei dintorni. Questa coppia che gestisce il posto è veramente gentilissima e disponibile, hanno entrambi una grande cultura e la sera passiamo ore piacevoli a parlare dei più svariati argomenti. Lei è la figlia di un capo villaggio Kelabit mentre il marito è di origine cinese e viene da Kuching. Hanno vissuto per molti anni in città ma poi, quando i figli sono diventati adulti, hanno deciso di cambiare vita tornando nel villaggio natale di lei dedicandosi prima all’agricoltura e quindi aprendo la guesthouse. Fino a qualche anno fa nessuno conosceva Pà Lungan, i pochi viaggiatori che arrivavano a Bario facevano quasi tutti il “Bario Loop” tra i villaggi a sud della città, ma ora sta acquisendo popolarità un altro trekking di 3/4 giorni che passa appunto per Pa’ Lungan e sconfina per uno o due giorni in Indonesia, e quindi l’attività della coppia sta andando sempre meglio.
Supang mi è molto simpatica e racconta storie molto interessanti. E’ stata anche in Italia, a Torino, per la slow food convention dove doveva presentare il riso di Pà Lungan che per gli esperti è il migliore della Malesia ( ma fu molto apprezzato anche in Italia, anche se lo vendevano a 20 euro al chilo! ). Una sera mi racconta la storia di un italiano che gli è quasi morto in casa: questo tipo si è inoltrato da solo per giorni nella giungla, non si sa bene in cerca di cosa ( forse voleva emulare Eric Hansen ) e alla fine si è perso ed è rimasto senza cibo ed acqua. Disperato probabilmente ha mangiato qualcosa di velenoso ed è arrivato nella guesthouse a Pà Lungan quasi in fin di vita. La notte hanno veramente temuto il peggio ma poi si è fortunatamente ripreso. Poi a quanto pare è andato in Indonesia in cerca di altre avventure. Ma gli stranieri stravaganti pare non manchino da queste parti, c’è un tedesco che si è stabilito in una capanna vicino al villaggio che dice di parlare con gli alieni e anche lui si inoltra da solo nella giungla. Abita da queste parti da più di un anno ma non parla quasi con nessuno. Si arrampica sugli alberi secolari e pare che ne stia cercando uno adatto alla costruzione di una capanna sulla cima. Mah!
Una mattina vado con loro a fare la “spesa” in quello che chiamano il “jungle supermarket”: non c’è dubbio che vivere in una giungla ha anche i suoi vantaggi, qui ci sono tantissime cose che si possono mangiare! Felci, bamboo, ginger, palme, erbe selvatiche di ogni tipo, frutti tropicali… in pratica se sei vegetariano ti basta coltivare un po’ di riso e qualche ortaggio ( e con questo clima caldo umido ti cresce facilmente qualunque cosa per tutto l’anno ) e sei autosufficiente. La carne proviene soprattutto da animali cacciati, qui tutti amano molto il cinghiale.
Per il terzo giorno decido quindi di organizzare il mio trekking di un giorno nella foresta. Il tempo qui è molto variabile e piove tantissimo, quindi è inutile sperare in una bella giornata. Dovrebbe esserci una stagione secca ma invece piove quasi ogni giorno da più di un anno. Quando partiamo infatti c’è una leggera pioggerellina ma smette quasi subito e fortunatamente saremo risparmiati dal solito violento temporale del pomeriggio. Dopo aver attraversato le risaie abbandoniamo il sentiero e ci inoltriamo nella giungla. Per un paio d’ore seguo George senza capire nemmeno in quale direzione stiamo andando: la giungla è fittissima, non c’è un sentiero ( qui senza il coltellaccio/machete tradizionale del Borneo non vai da nessuna parte ) e il sole è ben nascosto tra le nuvole. Arriviamo infine nella foresta primaria, e camminiamo per un po’ tra alberi altissimi, liane, bambù giganti e piccoli corsi d’acqua color arancione o caffelatte. Ci sono moltissime sanguisughe e ogni 5 minuti devo fermarmi a togliermele dalla schiena e dai polpacci. Sentiamo il verso dei gibboni che saltano tra gli alberi sopra di noi a più di 50 metri d’altezza. Uno degli alberi più alti è quello del tedesco, lo sta attrezzando con delle corde e dei pali per poterci salire. Ci fermiamo a mangiare e poi iniziamo a percorrere un lungo anello che ci porterà di nuovo a Pà Lungan. E’ stata senza dubbio una giornata bellissima e una delle più belle escursioni che abbia mai fatto. Conserverò per sempre il ricordo di questi fantastici luoghi così selvaggi e incontaminati.
Quando torno ci sono altri ospiti nella guesthouse, due simpatiche coppie una inglese e l’altra australiana. La donna australiana è di origine calabrese e parliamo un po’ dell’Italia e degli emigranti Italiani. Anche gli inglesi comunque sono grandi amanti del Belpaese e ci sono stati varie volte. Per l’ennesima volta mi trovo in difficoltà a dover spiegare a degli stranieri la nostra bizzarra situazione politica e perché un paese bellissimo e dalle grandi potenzialità come il nostro è finito nelle mani di questi mascalzoni che lo governano e lo stanno portando alla rovina. Per la serata viene organizzata una sontuosa cena con cervo e cinghiale alla griglia e quindi vengono invitate le donne del villaggio per una festicciola con danze e canzoni. Solitamente non sono un grande fan di questi spettacoli per turisti ma qui siamo ancora in una fase “embrionale” e soprattutto non ci sono soldi in ballo, quindi alla fine è una cosa dal mio punto vista accettabile. Balliamo anche noi e tutti si divertono, soprattutto il simpaticissimo vecchio capo villaggio che per l’occasione indossa una specie di longi/perizoma.
L’ultimo giorno decido di scalare da solo la piccola cima che domina il villaggio: che panorama!
Dopo 4 giorni non senza rammarico sono costretto a lasciare questo piccolo angolo di paradiso e a tornare a Bario, ho un volo da prendere due giorni dopo per Miri. Alla fine il Borneo Malese è riuscito a conquistarmi, anche se mi ci è voluto quasi un mese per scoprire la vera essenza di questa straordinaria isola.
info utili:
Pensione completa al Batu Ritung: 70 ringgit
Guida per un giorno: 60 r