Per la maggior parte delle persone il viaggio è sinonimo di “vacanza”, è un periodo in genere breve nel quale rilassarsi e divertirsi in luoghi esotici, dimenticando il lavoro e le miserie della vita quotidiana. Per i backpackers moderni invece il viaggio è divertimento, è moda, è seguire vie ben battute tra posti frequentati da altre migliaia di backpackers. Per me non è così. Ho quasi sempre fatto viaggi lunghi e non ho mai considerato il viaggio come una parentesi piacevole o come un periodo di relax o di divertimento. Per me il viaggio è scoperta, avventura, è seguire l’istinto, cercare di realizzare dei sogni e dei progetti. Questa passione mi ha portato spesso in zone selvagge e incontaminate del mondo ( ce ne sono ancora molte, chi dice che ormai nel mondo non c’è più nulla da scoprire non sa di cosa parla ) dove c’è molto da sbattersi e dove quasi ogni giorno bisogna affrontare problemi e difficoltà. Quindi è normale che ogni 2 o 3 mesi serva una “vacanza” dal viaggio, due o tre settimane possibilmente in zone di mare dove la vita è semplice e tutto è ben organizzato per i viaggiatori. In Asia il posto migliore è senza dubbio la Thailandia del Sud: c’è un po’ di tutto per tutti i gusti, la gente è splendida e puoi dimenticarti qualsiasi preoccupazione. Muoversi è facilissimo, così come trovare una sistemazione economica e belle spiagge.
Parto da Calcutta la mattina presto, all’ora di punta, e quando arrivo alla stazione della metro vengo quasi travolto dalla folla che corre verso il posto di lavoro. Sono diretto fuori città e il mio vagone è semivuoto. C’è un altro viaggiatore, forse tedesco, sembra avere più o meno la mia età. Scendiamo insieme all’ultima fermata e ci capiamo al primo sguardo: stiamo evidentemente andando entrambi all’aeroporto che dista 5 chilometri e ci conviene condividere il taxi. Il tizio è in effetti tedesco, è simpatico ed è un signor viaggiatore, ci scambiamo qualche battuta sull’India ( che lui ha visto 5 volte e io 6, qualcosa forse ne sappiamo ) e sui nostri progetti futuri. Scopriamo anche che stiamo andando entrambi a Bangkok, con lo stesso aereo ( airasia!! ), lui andrà in Cambogia e in Laos mentre io nel nella Thailandia del Sud, in Malesia e quindi in Indonesia.
Arrivare a Bangkok dall’India è un po’ uno shock, tutto mi sembra troppo pulito e ordinato, e infatti mi ci vorrà una settimana in città per riprendermi prima di proseguire il mio viaggio. Non sono un grande amante delle metropoli ma la capitale della Thailandia non mi dispiace e questa volta ho l’occasione di girarmela con calma e di conoscerla meglio. Fa molto caldo, circa 38 gradi di massima, e l’unica cosa sensata da fare è cazzeggiare in giro possibilmente all’ombra e bere birre gelate. Non è una brutta idea nemmeno farsi qualche giro nei centri commerciali di Siam Square, non per fare shopping ma per godersi qualche ora di aria condizionata, oppure farsi fare un buon massaggio thai. In ogni caso me la sono goduta, ho visto zone della città fuori da ogni circuito turistico ( grazie a qualche corsa sull’autobus sbagliato, a Bangkok hanno uno strano sistema di numerazione ), interessanti mercati cinesi e non, bei locali con musica thai ( senza puttane ) e un parco stupendo dove c’è gente strana e varani al posto dei classici cigni. Inoltre c’è stata una bella cena con l’amico Andrea, Kevin, Amy e il fidanzato, in un bellissimo ristorante sul fiume, e un’altra divertente serata passata a vedere la thai boxe ( meglio quella femminile ), gentilmente offerta dal centro commerciale MBK.
Il mio progetto iniziale era andare da qualche parte sulla costa ovest, che non ho mai visto, ma poi ho deciso che, visto che si trattava di passare qualche giorno di puro relax, era meglio andare in posti che già conoscevo e che mi erano piaciuti. Le zone propriamente turistiche della Thailandia del Sud, come Phuket o Koh Samui, non mi interessano e ci andrei solo se qualcuno mi pagasse per farlo. Prima tappa quindi Prachuap Khiri khan, una cittadina tranquilla con un paio di belle spiagge nelle vicinanze, faraglioni e caratterizzata da un ambiente molto rilassato. Dall’anno scorso però qualcosa è cambiato, i pochi farang sono diventati molti e le guesthouse si sono moltiplicate. Mi fermo nella stessa homestay e anche lì l’ambiente è decisamente cambiato, ormai è praticamente un classico backpackers troppo pieno per essere veramente gradevole. Nulla di tragico, il posto è ancora godibilissimo, le scimmie simpatiche ci sono ancora ( quelle nella base, non i molesti macachi del centro città ) e la spiaggia di Ao Manao è sempre fantastica, ma dopo qualche giorno decido di andare a Khanom, che invece è rimasta la stessa cittadina sonnolenta di pescatori e contadini, dove tutti sono molto gentili e sorridenti e il paesaggio è stupendo. E’ il classico posto che richiede però un mezzo di trasporto, una moto o un motorino, perché le spiagge più belle ( quasi sempre deserte ) e i vari villaggi sono piuttosto lontani dal centro. Questa è la Thailandia che mi piace di più, anche se in questo Paese dove c’è poco turismo ci sono anche grosse difficoltà con la lingua e non c’è molta possibilità di conoscere dei locali.
Lasciata khanom mi dirigo verso Hat Yai, città odiata dai viaggiatori ( e amata dai puttanieri malesi ) che però a me non dispiace affatto, e infatti decido di passarci un paio di giorni prima di raggiungere la Malesia. Mi faccio anche una bella gita di un giorno nella vicina Songkhla, città poco conosciuta famosa per una copia della sirenetta e per lo sticky rice con il mango, che per tutti qui è il migliore della Thailandia. La stagione dei manghi è appena iniziata e in effetti debbo ammettere che questo piatto è buonissimo. La città è carina, c’è un bel lungomare con una discreta spiaggia ( un po’ sporca però ) e un vivacissimo mercato colorato da tanti frutti tropicali. Dal punto di vista culturale è piuttosto diversa da altre zone della Thailandia, infatti nacque come un principato malay e fu un importante porto che gestiva scambi commerciali tra tutta l’Asia. Oggi è un po’ un mix tra culture thai e malesi, ci sono molti uomini con camicioni ma anche le classiche ragazzine con t-shirt e pantaloni corti in jeans. E non manca ovviamente il quartiere con i go-go bar.
Il confine tra Thailandia e Malesia si attraversa abbastanza velocemente senza troppe formalità e in poco più di tre ore arrivo a Georgetown, nell’isola di Penang. La Malesia è un po’ più cara della Thailandia e in questa città gli unici posti accessibili ai budget traveller sono le guesthouse e gli ostelli tra Lebuh Chulia e la Love Lane, un classico “backpacker ghetto”che comunque è una bella zona della città vecchia vicina a Little India e al centro. Non mi va di sbattermi sotto questo sole di mezzogiorno, e vado subito nella guesthouse dove ero stato l’anno scorso, che ha stanze microscopiche ma anche molto economiche. Sono qui principalmente per ottenere il visto indonesiano di 2 mesi, che si fa velocemente ma c’è un week end di mezzo, quindi dovrò passare qui a Penang almeno 4 giorni. Ci sono già stato due volte ma non ho visto quasi nulla di turistico, quindi stavolta mi informo un po’ sulle “attrazioni” dell’isola e decido di andare a vedere il tempio Kek Lok Si, lo snake temple, il tempio Khoo Kong Si… Tutto bello e interessante, a me è piaciuto soprattutto lo snake temple perché i serpenti sono veramente liberi e c’è la possibilità di avvicinarsi ( a proprio rischio e pericolo ) e osservarli da vicino. La leggenda dice che il monaco buddhista che fondò il tempio nella metà dell’800 iniziò a dare rifugio ai serpenti ( soprattutto vipere asiatiche ) e da quel momento diventò famoso per questo. Il tempio Kek Lok Si, uno dei più grandi del Sud Est Asiatico, è un po’ la sagra del kitsch, una cosa al limite dell’orrendo, ma merita soprattutto per l’atmosfera ( uno strano mix tra sacro e profano ) e per il fantastico panorama su Georgetown. Più che meritevole anche il tempio Khoo Kong Si, probabilmente il più bello della città, che si trova nel vecchio quartiere cinese in una delle zone più pittoresche della old town. Come tutti sanno a Penang si mangia benissimo e c’è moltissima scelta anche per i vegetariani, anzi direi che questa è probabilmente la città più “vegetarian friendly” tra quelle che ho visitato in tanti anni di viaggi. Da segnalare i ristoranti indiani di Little India, dove con 4/6 ringgit ( 1/1,5 euro ) ti puoi mangiare dei thali fantastici che non hanno nulla a che invidiare a quelli dell’India “vera”.
info utili:
Aereo Airasia Calcutta-Bangkok: 45 euro
Treno Bangkok-Prachuap Khiri Khan: 135 bath
Treno Prachuap Khiri Khan-Hat Yai: 210 b
Minibus Hat Yai-Songkhla: 24 b
Minibus Hat Yai-Georgetown: 300 b
Visto Indonesiano di 2 mesi a Penang: l’ambasciata è in periferia, bisogna prendere un autobus ( credo il numero 101 ) e portare 1 foto, una fotocopia di un volo di uscita dall’Indonesia e una del passaporto. Lo fanno in un giorno e costa 170 ringgit.
…quando torni ho altri ristoranti da farti scoprire con molto piacere…
Piano piano la Thailandia che amiamo scomparirà ma potremo dire d’averla conosciuta: sorrisi genuini, gente rilassata, ritmi blandi.
Bel post davvero e bella sorpresa di eggere il mio nome (PS Emi ora vive in Norvegia con il fidanzato)
Spero di tornarci presto!
In effetti è vero, la Thailandia sta cambiando molto velocemente e tra qualche anno alcuni posti saranno quasi irriconoscibili. Ma i sorrisi, la gentilezza e i ritmi blandi secondo me non scompariranno mai del tutto.
Ciao!
Fab