Vientiane, Laos
Lasciata Muang Sing mi inoltro in una zona non proprio inesplorata ma dove si vede solo qualche raro viaggiatore ogni tanto, e dove non c’e’ nulla di turistico. Mi fermo inizialmente a Muang Long, una ridente cittadina che si trova tra due fiumi, risaie e interessanti montagne ( qui si potrebbe fare davvero dell’ottimo trekking secondo me ). Nessuno parla inglese, non c’e’ internet e ci sono solo 4 o 5 guesthouse, tutte decenti ma un po’ care per un posto del genere. I ristoranti hanno solo khao soi ( una specie di tagliatelle di riso tagliate con le forbici ), da mangiare ovviamente con le bacchette, qui la forchetta pare sia un arnese sconosciuto o ritenuto inutile. Fortunatamente ho imparato ad usarle qualche anno fa in India. Mangiero’ solo questo Khao Soi a pranzo e a cena per diversi giorni, in una versione vegetariana che ufficialmente non esiste ( poi scopriro’ che c’e’ a Luang Prabang ), lasciando non poco perplessi i locali.
Non ci sono mappe dei villaggi di questa zona, quindi decido di fare un passaggio al locale ufficio del turismo e provare a chiedere qualche informazione. Il tipo parla un buon inglese e mi dice che qui lo sviluppo turistico deve ancora partire, non c’e’ organizzazione, ne’ ci sono dei veri itinerari o trekking. Gli dico che tutto sommato e’ meglio cosi’, anche se mi sembra ovvio che i turisti di Luang Namtha non ci metteranno molto ad arrivare anche qui. Mi consiglia comunque di visitare un piccolo villaggio akha al di la’ del fiume, che si trova a 3 o 4 chilometri dalla citta’. Il sentiero e’ bellissimo e facile da seguire, e il villaggio si trova in cima ad una collina dalla quale si puo’ godere di un panorama superlativo sulla valle. Ovviamente qui di stranieri ne hanno visti ben pochi, e la mia visita crea un po’ di simpatico scompiglio. In ogni caso anche qui sono tutti molto amichevoli, c’e’ solo qualche sguardo interrogativo in piu’. Un gruppo di uomini sta lavorando nella bottega all’aperto di un fabbro, mi invitano a sedermi per un po’ con loro. A gesti riusciamo ad abbozzare una conversazione, mi offrono del Lao Lao ( whisky di riso locale ) e qualcosa da mangiare. Un vecchio con dei grossi bracciali d’argento sta preparando un cesto di vimini. A quanto pare e’ una personalita’ del villaggio, dev’essere uno dei capi. Le donne sono belle, quasi tutte portano il caratteristico cappello akha con monete e campanellini d’argento.
La mattina seguente vado a vedere il piccolo mercato ( che non e’ dove dovrebbe essere ), ma non c’e’ molto di interessante. Compro del chapati locale e 20 banane per 20 centesimi di euro.
Quando ero ormai certo di essere l’unico “mzungu in town”, ecco che incontro un francese barbuto, e’ arrivato la sera precedente ed e’ diretto come a me a Xieng Kok. Gli hanno detto di aspettare sulla strada ma a Muang Long in effetti c’e’ una piccola stazione ( con 3 destinazioni ) e gli dico che ci conviene andare direttamente la’. Dopo una mezz’ora di info contrastanti ( alcuni dicono che c’e’ solo un bus a mezzogiorno, altri che se non arriva altra gente non parte nemmeno quello ) ecco che arriva il minibus “di linea” delle 9 e in poco meno di un’ora siamo in riva al Mekong, ad ammirare la verdissima giungla birmana che si trova di fronte. Anche qui c’e’ un piccolo mercato dove ci sono diverse donne akha con gli abiti piu’ belli che ho visto finora, oltre ad un uomo con una specie di divisa e un fiore sul cappello, dev’essere il vestito “da festa” degli uomini che in genere vestono abiti occidentali ( ma fatti ovviamente in Cina ).
Xieng Kok e’ piu’ interessante del previsto, e’ una specie di terra di nessuno, un far west tra Birmania e Laos ( con Thailandia e Cina facilmente raggiungibili via fiume ), dove molti trafficano e contrabbandano varie merci, anche l’oppio ovviamente. La vista sul Mekong, che si snoda come un serpente in un paio di ampie anse, e’ davvero notevole, e sicuramente nelle colline vicine ci sono molti villaggi realmente “unspoiled” ( non come quelli che propongono le agenzie, che sono “unspoiled” solo tra un gruppo e l’altro di turisti… ) con diversi gruppi etnici, anche se in questa zona sono in prevalenza akha. E’ un posto che ha delle potenzialita’, il francese e’ convinto che anche questo in pochi anni diventera’ un luogo turistico.
Se per assurdo dovessi fermarmi per sempre a Xieng Kok saprei gia’ cosa fare: aprirei un ristorantino di khao soi italiani, conditi con tutti i nostri sughi ( fatti arrivare ovviamente di contrabbando via fiume ), sono sicuro che sia i turisti ( futuri ) che i locali li apprezzerebbero molto. E ovviamente assumerei anche una bella cameriera akha di un villaggio vicino, con regolare costume e cappello tradizionali. Non mancherebbero un lista di risotti con funghi ed erbette locali e una di vini italiani per i turisti piu’ danarosi.
Una mattina andiamo a visitare un villaggio vicino ( phongsai mai ) che si trova al di la’ del ponte sul fiume nam ma, e incontriamo anche qui persone gentili e sorridenti e donne con i tradizionali cappelli con medaglioni, monete e pon-pon. Alcune girano a seno nudo. Sotto una tenda ci sono dei ragazzi impegnati a giocare ad una specie di slot machine locale, con dei grossi dadi di legno che vengono fatti rotolare su un ripiano. Ci fermiamo a mangiare al “ristorante” del villaggio, un piccolo baracchino all’aperto che offre il classico khao soi e delle banane fritte. Proseguiamo poi per un po’ lungo la strada che costeggia il Mekong ma dopo un paio di chilometri decidiamo che il villaggio seguente ( se esiste ) e’ troppo lontano e che fa troppo caldo, meglio tornare a Xieng Kok.
In questa cittadina non esiste un vero trasporto pubblico, ci sono giorni nei quali ci sono piu’ mezzi disponibili ed altri nei quali non parte nulla. Tutto il giorno c’e’ un continuo viavai di barche e barconi, molti diretti a houay xai, ma apparentemente non prendono passeggeri, e l’unica opzione per i viaggiatori sono le rumorosissime e carissime rocket boats. Il francese, anche se poco convinto, tentera’ di trovare proprio un passaggio in un barcone ( e’ diretto in Thailandia ), mentre io ripercorrero’ tutta la strada dell’andata fino a Luang Nam Tha. La tipa della guesthouse si informa dal vicino, che e’ l’autista “ufficiale” di Xieng Kok e mi dice: “no bus today, tomorrow!”. Ma quando ormai sto per rassegnarmi a passare un altro giorno in citta’ ecco che per puro culo riesco a trovare un passaggio per Muang Long, con coincidenza perfetta con il minibus per Muang Sing e poi con quello per Luang Nam Tha. Nel secondo minibus c’e’ vicino a me una donna lanten con figlia: malgrado in genere siano poco amichevoli e ancor meno sorridenti le ho trovate le piu’ interessanti ed intriganti.
A Luang Nam Tha c’e’ qualche turista piu’ e una specie di festicciola di paese che si protrarra’ fino all’ultimo dell’anno, con cantanti, concorso di bellezza per coppie e ballerine hmong ( molto belle anche queste ). Non mi fermero’ per il “cenone” in ogni caso, sono in partenza per Muang Khua, dove risaliro’ il fiume verso Phongsali, che si trova nella zona piu’ remota e selvaggia del Laos.