Perso tra i villaggi del Laos Settentrionale ( quarta ed ultima parte )

Muang Khua, 1 gennaio

Dopo un infruttuoso tentativo di minitrekking al di la’ del ponte sospeso decido che posso concedermi due o tre birre di buon auspicio per l’anno nuovo, d’altronde in questa citta’ non c’e’ nulla da fare. Mi dirigo verso un ristorante/guesthouse che avevo adocchiato all’arrivo, dovrebbe avere un’ottima vista sul fiume. Il posto in effetti e’ carino, ma non c’e’ nessuno, nemmeno i proprietari, e mentre decido sul da farsi ecco che spunta un tizio che abita nella casa di fronte e mi invita a bere con lui e suoi amici. In un paio d’ore si alterneranno vari tipi, tutti o quasi ubriachi dalla sera prima ( ma rispettabilissimi, un ingegnere, un avvocato e ad un certo punto arrivera’ anche il sindaco ), e verranno spazzolate 2 casse di birra lao. L’ingegnere, che e’ l’unico che parla inglese, mi spiega che in Laos ci sono solo due grandi festivita’, questa e il primo dell’anno lao ( che cade in primavera ), quindi e’ normale che tutti si lascino un po’ andare. Sono tutti simpaticissimi ma all’attacco della terza cassa decido che e’ meglio salutare e andare a letto, altrimenti il lungo viaggio in barca previsto per l’indomani rischia di diventare un calvario.

Malgrado Muang Khua sia abbastanza carina e che apparentemente offra dell’ottimo trekking ( e a buon mercato ) tutti in questa citta’ vengono soprattutto per prendere la barca sul fiume Nam Ou per Muang Ngoi e quindi per Luang Prabang ( classico tour da guida lonely planet ). Io invece come al solito andro’ controcorrente ( anche quella del fiume ) e mi dirigero’ a nord verso Hat Sa e Phongsali. Si rivelera’ un’ottima scelta, visto che nella mia barca ci sono solo laotiani dei villaggi e uno svizzero, mentre l’altra per Muang Ngoi e’ stracarica di grassi e rumorosi turisti inglesi e francesi. Inoltre proprio questo svizzero ( che si e’ fatto tutta la risalita da Luang Prabang ) mi dira’ che questa ultima parte e’ decisamente la migliore, malgrado le guide dicano che invece e’ quella di mezzo tra Muang Ngoi e Muang Khua. In ogni caso per quanto mi riguarda questo e’ stato forse il piu’ bel viaggio fatto finora qui nel Sud Est Asiatico, per lunghi tratti mi sembrava davvero di essere in un film, tra giungle fittissime e villaggi in mezzo al nulla raggiungibili solo con la barca.

Arriviamo al piccolo porto di Hat Sa in perfetto orario, ma subito mi accorgo che l’atmosfera in paese non e’ la solita che si respira nei villaggi del nord del Laos: nessun sorriso, nessun sabaidee, nessuna offerta di aiuto, molta indifferenza. Per raggiungere Phongsali bisogna prendere un tuc tuc e percorrere una disastrata strada sterrata di montagna che sale di quasi 1000 metri in poco piu’ di 20 chilometri, quindi aspettiamo ficuciosi l’arrivo dell’autista, che arriva un buon quarto d’ora dopo. Per la prima volta da quando sono in Laos qualcuno cerca di fregarmi, visto che il prezzo del songtao da 20.000 kip si trasforma magicamente in 200.000 kip per i due stupidi stranieri. A Phongsali parlando con altri viaggiatori scopriremo che e’ la normalita’, questi tuc tuc drivers approfittano del fatto che una volta ad Hat Sa sei bloccato in mezzo al nulla e vuoi arrivare in citta’ prima possibile. Ma io e lo svizzero siamo sulla stessa lunghezza d’onda, e non abbiamo nessuna intenzione di dare 20 euro ( una discreta cifra per gli standard locali ) a questo coglione, che liquidiamo velocemente con un simpatico “fuck off!” ( mentre il solito giapponese il giorno seguente paghera’ 150.000 kip senza fiatare ). Mentre io rimango con i bagagli lo svizzero va in missione in paese per vedere cosa si puo’ fare e se ci sono delle alternative possibili. Come per magia, a soli 100 metri, ecco che c’e’ un altro songtao pieno di locali che sta per partire per Phongsali, prezzo: 10.000 kip. Sono tutti cinesi o di origine cinese e ci ridono beffardamente in faccia, ma per noi al momento l’importante e ‘ solo raggiungere la citta’.

phongsali

Phongsali e’ una delle piu’ belle citta’ che ho visto in Laos, si trova in una posizione magnifica tra verdi colline e ampie vallate e ospita un intrigante mix di culture tradizionali molto diverse tra loro. Mi ricorda vagamente alcune citta’ che ho visitato in passato: Darjeeling, Almora e forse una nel nord del Pakistan della quale non ricordo pero’ il nome.  Albe e tramonti sono bellissimi, non solo per la posizione della citta’ ma anche perche’ contrariamente ad altre zone del nord del Laos qui non c’e’ la caratteristica nebbia, che invece galleggia a quote piu’ basse creando uno spettacolare effetto “mare di nuvole” tra le valli circostanti. La gente in effetti in genere e’ meno amichevole di quella di altre parti del paese ( soprattutto i negozianti e i ristoratori ), ma anche qui non mancano i sabaidee e i sorrisi e basta uscire un po’ dal centro per ritrovare subito il solito calore e l’ospitalita’ laotiana. Esplorare i villaggi della zona non e’ molto semplice, le mappe sono poche e imprecise, le distanze sono notevoli e in ambiente tipicamente montano e tutta l’area e’ ancora piuttosto selvaggia. In citta’ c’e’ una sola agenzia di trekking che pero’ chiede cifre esorbitanti per gli standard locali ( e infatti nessuno prenota niente, in quattro giorni non c’e’ andato nessuno ) e che gestisce pure l’unico moto noleggio anch’esso con prezzi talmente alti da risultare ridicoli.

phongsali

phongsali

Decido che e’ meglio limitarsi a qualche escursione a piedi sperando di imbroccare l’itinerario giusto. Una vera esplorazione del posto secondo me e’ fattibile ma richiede almeno 10-15 giorni e l’attrezzatura da campeggio. Il primo giorno vado a visitare due villaggi che producono lao lao ( grappa di riso locale ) artigianale. Il percorso e’ bello e pianeggiante, con splendidi scorci sulle valli e lunghi tratti di bella e fitta giungla. Nel primo fioccano i sabaidee e gli inviti a bere la grappa ( rifiuto cortesemente, alle 9 di mattina la grappa mi risulta un po’ indigesta… ) mentre nel secondo, molto tradizionale, la gente sembra poco abituata a vedere stranieri ( eppure sara’ a venti minuti di motorino dalla citta’ ) e sembrano addirittura impauriti. Forse oltre al lao lao producono anche oppio o qualcos’altro di illegale. Ritornando indietro vedo tre tizi uscire da un buco largo forse un metro per un metro completamente neri, sono tre minatori  che lavorano in una miniera di carbone. Mi salutano e mi sorridono, decido che meritano una foto che cortesemente mi concedono.

phongsali

Il giorno seguente vado a farmi una camminata tra le famose verdissime piantagioni da te’ della zona, e dopo qualche chilometro di cammino ecco che finalmente trovo un classico, tradizionale, villaggio phou noi dove tutti sono sorridenti e simpatici, alcuni uomini mi chiamano da lontano e mi invitano a bere del lao lao con loro. Dopo una prima bottiglia di riscaldamento mi propongo ad offrirne io un’altra e quando mi fanno il segno 6 mi viene il dubbio che vogliano fregarmi, visto che sapevo che una bottiglia in negozio costa sui 10/15.000 kip. In realta’ non erano 60.000 ma 6.000, meno di 60 centesimi di euro. Finita anche questa arrivera’ un altro tipo che insistera’ per offrirne anche lui una. Mangiano pesce e verdura che intingono in una piccantissima salsa di peperoncino. Su di una trave sono appesi dei ratti arrostiti, una ghiotta specialita’ locale, li vendono anche al mercato la mattina presto. Il tipo piu’ simpatico ( e piu’ ubriaco ), che da quanto ho capito e’ uno che deve avere un ottimo lavoro in citta’ mi fa fare un giro del villaggio e mi chiede di fare qualche foto ( che spediro’ appena torno ). Mi offre anche un passaggio in moto in citta’ ma gli faccio capire che preferisco andare a piedi, sono solo pochi chilometri ma il rischio di finire in un fosso mi sembra alto. Quindi saluto uomini donne e bambini e mi avvio faticosamente verso la citta’. Ci sara’ tempo per un ennesimo lao lao e delle banane offerti da un tizio che abita nell’ultima capanna del villaggio.

phongsali

A Phongsali ci sono solo un paio di ristoranti decenti, e di solito i pochi viaggiatori che si trovano in citta’ si riuniscono la sera nel migliore di questi, un cinese a dir poco stravagante. Ordinare e’ difficilissimo: in teoria bisogna andare in cucina e scegliere quello che si vuole, ma la cuoca e’ cattivissima e spesso caccia tutti, e alla fine ti danno cio’ che vogliono loro. Certi giorni possono anche rifiutarsi di darti da mangiare e mandarti via senza motivo. C’e’ un menu anche in inglese ma non serve a nulla, e in ogni caso qui parlano solo cinese e ( forse ) lao. Se si riesce ad ordinare quello che si vuole  e si mangia carne e’ meglio andare sul sicuro, pollo o maiale, perche’ questi mangiano davvero di tutto, cane ( lo svizzero l’ha assaggiato, sa di maiale… ), gatto, uccelli e roditori vari. La seconda sera proprio in questo ristorante incontro due simpatici italiani, che gestiscono un rifugio in toscana e che sono in giro da un po’ qui in Asia. Sono appena tornati dallo Yunnan, in Cina, e mi dicono di essere rimasti molto sorpresi dai cinesi di questa zona, molto ospitali e simpatici, praticamente l’opposto di quelli che si incontrano nelle nostre citta’.

Ritornare verso le pianure non sara’ facile, la strada per Udomxai e’ molto tortuosa, in gran parte sterrata e polverosissima, ci vogliono almeno 9 ore di bus locale se tutto va bene.

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