Orchha, Datia e Sonagiri

orchha

Bhopal, M.P.

Orchha mi ha conquistato subito, e’ molto piu’ bella e intrigante di quanto mi aspettassi. Sembra di essere entrati improvvisamente nelle vicende di qualche poema epico indu’, e ad ogni angolo ti aspetti di incontrare qualche strana divinita’ dalla pelle bluastra o una bellissima danzatrice in sari con le mani tatuate e le cavigliere d’oro e pietre preziose. Anche se il villaggio sta evidentemente vivendo una rapida trasformazione dovuta al turismo ( e’ sicuramente entrato nel circuito di viaggi organizzati tra Agra e Khajuraho ) per ora e’ ancora molto tranquillo e piacevole, la gente e’ cordiale e simpatica e c’e’ un’atmosfera molto serena e distesa. L’alba ed il tramonto qui sono qualcosa di veramente spettacolare, quasi commovente, e regalano un’immagine di un mondo lontano ed esotico che difficlmente si potra’ mai dimenticare. Dopo il tramonto, quando gli autobus e i taxi di turisti se ne sono andati e dei templi e dei palazzi si percepiscono solo le affascinanti silohuettes, Orchha ritorna ad essere “il gioiello del Madhya Pradesh”, un borgo medievale ricco di fascino misterioso, dove regna un’atmosfera da sogno davvero molto romantica.

La cittadella fortificata sembra una “ghost town” del medioevo, completamente abbandonata a se’ stessa per secoli. Eppure malgrado le condizioni pessime dei monumenti, che potrebbero fare inorridire gli appassionati di storia e di archeologia, e’ bellissimo perdersi all’interno di questi favolosi palazzi che sono dei veri e propri labirinti di scale, cunicoli, corridoi, terrazze, dai quali si puo’ ammirare un magnifico panorama del villaggio e delle pianure circostanti. Fuori dalle mura ci sono numerosi altri templi e mausolei che, sembrera’ strano ( ma non in India ), sono stati occupati abusivamente dai contadini e dai pastori della zona. Mi viene istintivamente da sorridere vedendo i panni stesi ad asciugare tra le cupole di un tempio non lontano dal palazzo del Maharaja e non posso fare a meno di pensare cosa accadrebbe se qualcuno decidesse di impossessarsi di una chiesa del 1500 in Italia…

Orchha secondo me e’ bellissima cosi’ com’e’, decadente e trascurata. Ma comunque dicendo questo non voglio assolvere gli indiani dalle loro colpe, non e’ ammissibile lasciare andare in rovina monumenti cosi’ belli senza fare nulla. La scusa del paese povero non regge visto che fra l’altro i biglietti d’ingresso aumentano vertiginosamente ogni anno ( ovviamente solo quelli per gli stranieri ). Anche qui, come a Lucknow, c’e’ l’incivile e deprecabile abitudine di incidere scritte varie sui muri, come se fossero quelli dei cessi di una metro. Sono dappertutto, anche sopra delle eleganti e delicatissime incisioni del 1600 al Laxmi Narayan temple, ormai rovinate per sempre.

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Datia si trova tra Jhansi e Gwalior, e’ una cittadina piuttosto rumorosa che sorge sulle rovine di un principato Rajput, tra due piccoli laghi. In realta’ l’unica cosa di un certo interesse del posto e’ il Govind Palace, che si erge maestoso su una collina che domina la citta’. Come i palazzi di Orchha anche questo e’ un intricatissimo labirinto di scale e corridoi che si intersecano tra 440 stanze e 7 piani. Una particolarita’ del palazzo e’ la sua pianta a forma di svastica. C’e’ poi un altro palazzo, vicino al bus stand, che pero’ e’ in condizioni davvero pessime e sembra che stia aspettando un piccolo movimento tellurico ( ma basterebbe anche una bella raffica di bora ) per crollare su se stesso e terminare cosi’ la sua gloriosa esistenza. In ogni caso era anche chiuso e mentre salivo ho rimediato anche un sasso sulla schiena da un gruppetto di ragazzini idioti del posto. La gente comunque e’ in genere piuttosto simpatica e molto sorpresa di vedere uno straniero che cammina tra le strette stradine della loro citta’. Nessuno parla inglese. Fervono i preparativi per il Diwali, la gente e’ tutta nei mercati a fare acquisti, soprattutto fuochi d’artificio, ghirlande di fiori e i tipici candelabri per illuminare le case. In questo periodo si ridipingono anche le case, con bellissimi colori pastello, soprattutto azzurro, giallo, rosa e verde. Uscendo dalla citta’ in riscio’ ho visto uno dei piu’ assurdi ingorghi stradali, fra l’altro in uno stupidissimo incrocio a tre strade. Sono rimasto bloccato almeno mezz’ora in un folle groviglio di riscio’, moto, biciclette, calessi e carri trainati da buoi. C’era un vigile cattivissimo che spintonava violentemente i poveri malcapitati ciclisti, ma non riusciva a concludere niente, anche perche’ nessuno voleva rinunciare ai pochi centimetri conquistati o semplicemente attendere un attimo che passassero gli altri. Se pensate che noi italiani sulle strade siamo degli incivili, venite a farvi un giro da queste parti!

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Sonagiri e’ uno dei posti piu’ belli e incredibilmente bizzarri che abbia mai visto nei miei viaggi in India. Arrivando con il mio bel tempo giallo e nero ridipinto di fresco appena l’ho vista non ho esitato a definirla “la San Gimignano dell’India” ( e se qualcuno vuole usare la definizione in qualche guida voglio i soldi del copyright! ). Su di una collina situata in mezzo al niente piu’ assoluto si trova questo sonnolento villaggio di poche anime sul quale torreggiano, quasi inquietanti, non meno di 80 templi di varie epoche, stili, forme e dimensioni. Tutto il complesso, che occupa gran parte della collina, e’ un enorme tempio Jainista, la religione non violenta per eccellenza. Una volta svegliato il guardiano ed entrati all’interno ci si trova in un luogo mistico e straordinariamente solitario. Qui non solo non ci sono turisti, non c’e’ proprio nessuno! Le uniche forme di vita che ho incontrato sono stati gli immancabili scoiattoli, un enorme orrido varano che si mangiava un serpente e due bellissimi pavoni. Il forte vento che alzava nuvole di polvere contribuiva a rendere il posto ancora piu’ magico e solitario. Sulla cima della collina si trovano i templi piu’ imponenti e interessanti, alcuni degli autentici capolavori kitch. Tutti questi templi contengono una o piu’ statue dei santi Jain che sono piu’ o meno tutte simili, in marmo bianco o nero, e ricordano quelle del Buddha. L’unica differenza e’ che questi santi sono sempre raffigurati nudi, visto che le uniche proprieta’ di un monaco jainista sono una ciotola per l’elemosina e uno scopino di piume di pavone, che serve a pulire la strada evitando cosi’ di uccidere degli insetti. Attorno al tempio principale ci sono le statue dei 24 Tirthankara ( una specie di bodhisattva buddisti ), l’ultimo dei quali, Mahavira, contemporaneo al Buddha, fu il fondatore della religione.

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