L’India che cambia ( ma in fondo rimane sempre la stessa )

 

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Da anni sento sempre più stesso dire, sia da viaggiatori che da indiani, che l’India è cambiata moltissimo, forse troppo, che sta diventando sempre più moderna e occidentale, che sta forse perdendo per sempre il suo fascino e la sua essenza.

I cambiamenti ci sono stati, questo non si può negare, ma non sono stati poi così così drammatici o evidenti come molti vogliono far credere. Moltissime cose non sono cambiate per nulla, e onestamente non vedo segnali che possano far pensare che cambieranno velocemente in futuro. Gli indiani sono forse il popolo più resistente ai cambiamenti e sono sempre molto diffidenti quando si tratta di adottare nuove cose che possono cambiare il loro stile di vita ( a parte lo smartphone, che hanno accolto quasi tutti con entusiasmo ).

In realtà le cose dell’India che mi sono sempre piaciute, fin dal primo viaggio quasi 30 anni fa, sono rimaste tutte praticamente uguali:

Quei ristorantini più o meno scalcinati che ti servono il thali nella foglia di palma o nel piattone di metallo rotondo, con spesso un numero esagerato di dipendenti sempre moderatamente scortesi e annoiati, l’arredamento super-vintage e che cucinano gli stessi ( buonissimi ) curry da sempre; I negozietti/empori con quattro lamiere come tetto e pareti che hanno un po’ di tutto e che molti continuano a preferire ai supermercati; I chai shop, soprattutto nel profondo sud, dove hanno ancora quello strano boccione di rame e di solito il gestore è un tizio con lunghi a quadretti e canottiera;

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I “torpedoni”, i bus scassatissimi che hanno in media minimo 50 anni, si fermano ogni 2 chilometri, hanno ancora il classico bigliettaio che urla la destinazione dalla porta e tiene le banconote tra le dita e l’autista che guida con le infradito se non proprio scalzo ( le cinture neanche montate ovviamente ); I treni, sempre gli stessi ( e anche quelli nuovi sono comunque lo stesso modello ), un viaggio nel viaggio; Templi, rituali, luoghi di pellegrinaggio, festival religiosi: non sono mai cambiati in secoli e non c’è ragione di credere che cambieranno in un futuro prossimo; I sadhu, sempre tantissimi: come diceva giustamente Terzani sono ancora una specie di vaccino contro una possibile “occidentalizzazione” dell’India; I sari e i salwar kameez delle donne, coloratissimi, che non passano mai di moda e che non vengono rimpiazzati da abiti occidentali; I tuc tuc, sempre gialli e neri ( o al massimo gialli e verdi ), con autisti sempre irritanti e disonesti, ma che alla fine sono spesso indispensabili ( e i viaggi in genere molto piacevoli ).

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E poi le tantissime cose assurde o la gente che fa lavori senza senso o fuori dal tempo, che si notano quasi ogni giorno.

Anche il costo della vita per i viaggiatori è cambiato pochissimo: c’è stato qualche aumento ma in genere quasi tutto ha un prezzo irrisorio e si può ancora viaggiare tranquillamente con pochi euro al giorno. Gli hotel sono un po’ più cari ma il rapporto qualità-prezzo è molto migliorato. Poi si sono diffusi anche in india gli ostelli che possono essere un’alternativa super-economica in posti più turistici.

Purtroppo non sono cambiati ( anzi sono peggiorati sensibilmente ) nemmeno il traffico, terrificante nelle metropoli ma ormai orribile anche in piccole città e villaggi, e l’inquinamento, di ogni tipo, che è realmente insopportabile. In India purtroppo la strada verso uno sviluppo sostenibile non hanno nemmeno iniziato a percorrerla, al di là delle tante belle parole dei politici e di qualche attivista che pochi ascoltano. Dal mio punto di vista per arrivare a standard europei ci metteranno decenni, ammesso che ci riescano. Mancano proprio le basi. E poi in ogni caso è praticamente impossibile fermare questo tipo di progresso in paesi ancora così poveri e arretrati.

Alcune cose invece sono cambiate ma sono state molto positive per i viaggiatori. Le strade sono migliorate e treni, bus, alberghi, perfino i tuc tuc si possono facilmente prenotare online ( che goduria chiamare un tuc tuc con uber ). Ci sono informazioni per quasi tutti i posti, internet è veloce e si trova praticamente ovunque. Certo, i più duri e puri diranno che l’India di qualche anno fa, ostica, misteriosa, difficile da affrontare e da digerire, era più affascinante. Probabilmente è vero, ma non sento nessuna nostalgia per tutte le difficoltà e gli sbattimenti che comportavano quei viaggi.

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La ricchezza generata in questi ultimi anni di grande crescita economica ha sicuramente ridotto la povertà e creato una nuova “middle class” ma è finita in gran parte nelle tasche di pochissimi ( se noi in occidente ci lamentiamo delle diseguaglianze della nostra società in India bisogna moltiplicare tutto per 10 volte almeno ), c’è moltissimo sfruttamento delle classi più deboli e comunque ci sono ancora centinaia di milioni di indiani che vivono sotto la soglia di povertà, che qui in India significa poche rupie ( non euro ) al giorno. La società indiana è ancora molto legata ad una tradizione culturale fatta di caste, di discriminazione delle donne e dei più deboli, e anche se molti stanno provando a cambiare qualcosa ci sono ancora fortissime resistenze. Ma il vero problema è sempre il solito: sono troppi e continuano ad aumentare in modo esponenziale. Non ci sono abbastanza risorse per tutti e la politica ha poteri limitati, non è la Cina che può imporre a tutti dall’alto programmi decennali o bullizzare altri Paesi più piccoli, fregandosene dei diritti civili e delle libertà.

La tanto sbandierata modernità poi è più virtuale che reale: al di là di qualche fortunato quartiere di Mumbai, Delhi o Bangalore, il Paese è ancora paurosamente arretrato in quasi tutto e la qualità della vita è lontanissima non solo da quella di Paesi occidentali ma anche da quella di Paesi Asiatici vicini, come quelli del Sud Est Asiatico. In tanti ti dicono: ma no, ormai anche l’India è un Paese ricco e moderno, perfino i sadhu e i wallah hanno uno smartphone! Benissimo, però ci vuole ben altro per raggiungere standard di vita non dico da Nord Europa ma almeno accettabili. Comunque anche questo ottimismo e questo orgoglio nazionalista è un cambiamento notevole: fino a pochi anni fa c’era solo rassegnazione e si pensava che l’India sarebbe rimasta per sempre un Paese povero e marginale nel mondo.

In conclusione: per quanto mi riguarda, in quasi 30 anni di lunghi viaggi anche negli angoli più remoti, il fascino dell’India è rimasto praticamente immutato. Ci sono stati dei cambiamenti, alcuni positivi e altri meno, ma resta un Paese con una cultura completamente diversa da quella occidentale ma anche da quella di tutti gli altri. E questa unicità continua a lasciarti disorientato anche dopo molti viaggi.

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