( Myanmar )
“36 dollars”
“…pardon?”
“36 dollars!”
“and how much is the ordinary class ticket?”
“10 dollars, but ordinary class is no good for you”
“I don’t care, and don’t tell me what is good or not for me, the upper class is way too expensive, give me one ticket for the ordinary class”
Mentre ritorno verso l’albergo con il mio bel biglietto di terza classe in tasca comincio a pensare che forse ho fatto una mezza cazzata, questa è la Birmania, non la Thailandia, e un viaggio di almeno 24 ore in treno può rivelarsi facilmente un supplizio. Tra l’altro contrariamente al treno che presi a Yangon per Mawlamyine questo ha la fama di essere uno dei peggiori del Myanmar, per sporcizia e per affollamento. Chissenefrega, penso, sarà un’altra “tacca” da incidere nella mia cinta di hardcore traveller, vicino a quella del viaggio in treno di tre giorni tra Madras e Bhubaneswar e a all’altra del viaggio sul camion di bestiame nel nord del Kenya.
Inutile dire che i miei timori erano più che fondati: durissimi sedili di legno ( ma a questo ero preparato ) , carrozze stipate all’inverosimile ( ad un certo punto per scendere le persone dovevano saltare dai finestrini… ), continue folate di polvere, aria irrespirabile di notte con i finestrini chiusi a causa delle decine di sigarette e sigari fumati dai miei gentili compagni di viaggio, rumorosi venditori ambulanti che come degli acrobati passano tra la gente ogni mezz’ora ( e tra l’altro vendono solo schifezze inutili, ce ne fosse stato uno con un caffè ), gente che mastica e sputa continuamente il betel e ovviamente, immancabili, i bambini che piangono. Fortunatamente non ci sono stati problemi meccanici o ritardi ( c’è qualcuno in rete che racconta questo viaggio come un’odissea di 40 o 50 ore ) e malgrado sia riuscito a dormire solo un paio d’ore le 24 ore di viaggio sono filate via relativamente tranquille.
In ogni caso arrivo alla stazione di Myitkyina stanco e affamato, ma subito vengo bloccato da un poliziotto che mi dice che qui nel Rakhine State bisogna registrarsi all’immigrazione. A quel punto vengo preso un po’ dal panico: mi ricordo che è il mio primo giorno di overstay in Birmania, e se iniziano a farmi storie potrebbe essere anche l’ultimo. Vengo quindi accompagnato all’ufficio e mentre un altro sbirro trascrive tutti i miei dati penso alla storia che posso menargli, ma alla fine non si accorge che il visto è scaduto ( o più probabilmente non gliene frega nulla ) e mi congeda con un bel sorriso e una stretta di mano. Mi avvio verso l’ostello della YMCA come uno zombie, non vedo l’ora di farmi una doccia, mangiare qualcosa e andare a letto. Per pura fortuna riesco ad accaparrarmi l’unica stanza rimasta ( battendo sul tempo due svizzeri che erano con me sul treno, ma in prima classe ) e mentre la puliscono vado all’ottimo Orient restaurant di fronte per una colazione/pranzo. Il proprietario del ristorante è molto simpatico e tra una cosa e l’altra mi chiede se sono venuto per il Lisu Festival, che si sta celebrando in città per il capodanno Lisu. Ovviamente non ne sapevo nulla, e non conosco i Lisu, ma sono più che felice di riuscire finalmente ad assistere ad un festival folkloristico, era uno dei miei obiettivi di questo viaggio, che ormai ero certo di non riuscire a realizzare. Il tipo mi dice che è l’ultimo giorno ( scoprirò poi che invece era il penultimo ), quindi decido subito di prendere un tuc tuc e andare a dare un’occhiata. Questo festival non è tra quelli più famosi del Myanmar, non è indicato in nessun sito e non compare nei calendari ufficiali, ma si rivelerà molto interessante e piuttosto grande e affollato. Per la prima volta è internazionale, e ci sono anche gruppi di Lisu che vengono dall’India, dalla Tailandia e dalla Cina. I Lisu sono molto simpatici ed estremamente cordiali e amichevoli. Come quasi tutti i birmani amano farsi fotografare, soprattutto in queste occasioni, e riuscirò a fare un discreto “reportage” dell’evento. Ci sono solo una manciata di occidentali e ovviamente anche noi siamo una delle principali attrazioni della festa, visto che molte di queste persone vivono in villaggi isolati anche all’interno della zona rossa vietata ai viaggiatori, quindi hanno raramente l’occasione di vedere degli stranieri. Ci sono moltissime persone con elaborati e coloratissimi abiti tradizionali ( tra i più belli che abbia mai visto ), danze, tornei sportivi ( tra i quali uno del tiro con la balestra ) e un bel mercato.
Ci andrò tre volte, conoscerò diverse persone interessanti ( in particolare un simpaticissimo regista/pastore di Yangon che insisterà per offrirmi una coca-cola ) e assisterò a danze e spettacoli molto belli, tra i quali un divertentissimo “girotondo” e il falò dei Lisu cinesi ( un po’ piccolo però, a quanto pare quelli in India sono molto più grandi ).
Myitkyina non è proprio una città bellissima ma ci ho passato 6 giorni piacevolissimi, anche se ero un po’ contrariato per l’assenza di internet ( nel Rakhine State possono toglierlo anche per lunghi periodi ). Questa zona del Myanmar è un po’ particolare, c’è molto della Cina e dell’India, e la maggior parte delle persone sono cristiani e non buddisti. Tra l’altro sono cristiani battisti, ed è proprio il caso di dire che Dio solo sa come sono arrivati in questa zona isolata della Birmania.Tutti in ogni caso simpatici e gentilissimi.
Un’escursione classica da Myitkyina è quella alla grande confluenza di Mytsone, dove si forma il maestoso Irrawaddy. Decido di andarci da solo in moto, visto che qui c’è la possibilità di affittarne una ( a sud non era possibile ). La giornata è bellissima, la moto è nuova e molto veloce ( cinese ) e il panorama bellissimo. L’ultima parte è su strada sterrata all’interno di una fitta giungla, si ha davvero l’impressione di essere un posto fuori dal mondo. A pochi chilometri dal villaggio c’è un check point militare: a quanto pare serviva una fotocopia del passaporto e del visto e i due tipi iniziano a farmi storie, ma dopo una decina di minuti e una consultazione con il superiore mi lasciano passare. Nemmeno loro comunque si accorgono che il visto è scaduto.
Il villaggio non è granché, al di là di una bella pagoda che ha la migliore vista sulla confluenza non c’è molto altro da vedere. Mi fermo a bere un paio di caffè e osservo per un po’ il viavai dei turisti birmani e dei pescatori. Sulla via del ritorno mi fermo ad aiutare un tizio che era caduto in motorino ( perché voleva trasportare un pacco enorme pesantissimo ) e poi all’improvviso mi sbucano dalla giungla tre tipi con degli elefanti che trasportano grossi tronchi. Mi fermo a salutarli e a fare delle foto ai bellissimi pachidermi.
Dopo un perfetto taglio di capelli ( costo 70 centesimi di euro… ) sono pronto a lasciare Myitkyina e a procedere via autobus verso Bhamo, dove devo imbarcarmi sul ferry per Mandalay. Questo viaggio in bus è veramente molto bello, malgrado i molti check points ( 6 per l’esattezza, e ovviamente servono 6 fotocopie dei documenti ), tutta questa zona è ancora molto selvaggia.
Bhamo è più carina di Myitkyina, soprattutto per l’architettura, ma non c’è molto da fare o da vedere ( e ovviamente niente internet anche qui ) e la gente mi è sembrata più riservata e nel complesso meno amichevole che nel resto del paese. Comunque ho trovato un ottimo hotel ( con colazione inclusa sontuosa ) e un paio di locali e ristoranti interessanti, alla fine ci ho passato 2 giorni tutto sommato gradevoli.
info utili:
treno Madalay-Myitkyina: 10 dollari in ordinary class, 24 ore
ostello della YMCA a Myitkyina: 6 dollari
bus Myitkyina-Bhamo: 7 ore, 9000 kyats
Hotel Friendship a Bhamo: 7 dollari