DECIMO GIORNO: HIGH CAMP-MUKTINATH ( 6 ore )
Il giorno piú “importante” del trek, praticamente chiunque incontri in salita é preoccupato per questa tappa che prevede lo scollinamento al mitico passo Thorong La alla quota di 5416 m. Se inizi a star male seriamente sono cazzi e piú di qualcuno ci ha lasciato le penne. In ogni caso bisogna partire all’alba per evitare i forti venti che si alzano al passo dopo le 10/11, alcuni partono alle 4 ma non ce n’é assolutamente bisogno, e non ha senso farsi due ore al buio senza godersi il fantastico paesaggio. Fa un gran freddo, qualcosa tipo 10 o 15 gradi sotto. Partiamo ( io, l’altro italiano e il tedesco ) quindi decisi senza esitazioni. Dopo una prima parte di saliscendi la salita diventa molto tranquilla con pendenze molto lievi e tratti pianeggianti. E’ ovviamente dura lo stesso ma se vai regolare del tuo passo non ci sono grossi problemi. Si raggiunge un primo tea shop a 5000 metri e, dopo vari falsi passi che ci fanno credere piú volte di essere alla fine della salita, si guadagna infine il passo dove c’é la famosa placca di metallo semisepolta dalle bandiere di preghiera e incredibilmente un altro tea shop, gestito da un simpatico tizio che vive lí per tutta la stagione, circa 4 mesi. Un té costa 160 rupie ma gliele dai piú che volentieri, questo é veramente un duro, noi occidentali probabilmente resisteremmo al massimo uno o due giorni in un posto estremo come questo. Durante tutta la salita il paesaggio é di una bellezza stupefacente, non sono riuscito a fare molte foto peró sia perché non volevo fermarmi sia perché era troppo freddo per togliersi i guanti. La discesa é ripida ma se non ci sono residui di neve o ghiaccio si va giú velocissimi tornando in breve tempo a quote piú umane. Dopo un paio d’ore infatti si é giá scesi di circa 1200 m e si raggiunge un gruppetto di ristoranti dove si puó fare la sosta pranzo e riposarsi un po’. Infine si scende ancora per un’ora fino alle prime case di Muktinath, cittá antichissima ( ha sicuramente almeno 3000 anni ) e famoso centro di pellegrinaggio. Scendendo dal passo il paesaggio cambia in modo drammatico: si ha quasi l’impressione di entrare in un mondo diverso, selvaggio e incontaminato. E’ il mitico Mustang, la terra dei Lo, uno dei luoghi piú affascinanti dell’area himalayana, e forse del mondo. Purtroppo gran parte di questa regione é soggetta a restrizioni per i trekkers, ci si puó andare solo con costosi tour organizzati con guide e portatori. Fortunatamente alcune zone sono state aperte di recente e c’é quindi la possibilitá di fare un itinerario alternativo anche da quelle parti. Prima di raggiungere Ranipawa, che é il borgo di Muktinath dove ci sono i lodge e negozi, ci fermiamo a dare un’occhiata al complesso di templi. Ci sono sia templi hindu che gompa buddisti, moderatamente interessanti ma nessuno eccezionale. Ci sono due sadhu che fumano cilum. A Ranipawa sembra tutto organizzato per accogliere i trekkers stanchi che scendono dal passo: ci sono ottimi lodge con acqua calda davvero calda, wi-fi, bar ( che fanno addirittura l’happy hour ) e ristoranti per ogni gusto. E’ vero che c’é una strada ma siamo ancora relativamente lontani dalla “civiltá”, alla quota di circa 3850 m.
UNDICESIMO GIORNO: MUKTINATH-KAGBENI ( 3.30 ore )
Uno dei giorni piú belli, in una zona davvero selvaggia e assolutamente incontaminata. Fino a pochi anni fa la strada era l’unico itinerario possibile tra Muktinath e Kagbeni, poi alcune zone del Mustang del Nord sono state aperte anche ai trekkers indipendenti e oggi si puó quindi optare per un tracciato alternativo. Malgrado anch’esso sia in parte su strada consente peró di visitare interessanti villaggi e di godere di paesaggi fantastici e di una splendida vista sulle montagne. In ogni caso il traffico é praticamente inesistente ed é piú probabile incontrare un gregge di capre che una macchina. Dal centro di Ranipawa si ritorna indietro verso i templi per un centinaio di metri e si prende quindi il sentiero sulla sinistra per Dzong/Kagbeni ben segnalato da cartelli. In breve si raggiunge il bel villaggio di Chongur dove ci sono molte case colorate e una bellissima vista sul Dhaulagiri e sulle montagne vicine. Si scende quindi verso il fiume e si guadagna l’altro lato della valle attraverso un ponte sospeso. Da qui inizia la parte su strada sterrata in una zona davvero estremamente selvaggia e affascinante. Dzong é il villaggio piú grande e bello di questa zona, c’é un gompa molto fotogenico arroccato su una collina e belle case tradizionali. Poco dopo si attraversa l’ultimo villaggio tradizionale, Putak, e quindi si prosegue in una zona arida e desolata fino alle rive del Kali Gandaki. A questo punto si puó proseguire sulla strada fino a Kagbeni oppure salire la piccola collina sulla sinistra che offre uno dei panorami migliori di tutta la zona. Poi si puó scendere attraverso una stretta gola fino alle prime case di Kagbeni. Questo villaggio é uno dei piú belli di tutto il circuito e merita sicuramente una sosta di almeno un giorno. La parte vecchia si trova dentro antiche mura e le case sono tutte in pietra in stile tradizionale del Mustang. Volendo si puó anche attraversare il fiume e andare a visitare il piccolo villaggio di Teti e il monastero poco sopra, anche questa zona era tra quelle vietate. Molto bella la vista su Kagbeni e sul passo Thorong La.
DODICESIMO GIORNO: KAGBENI-MARPHA ( 6 ore )
Giornata piuttosto impegnativa anche a causa del forte vento trovato nell’ultima parte. Si esce da Kagbeni seguendo la strada, dove si prosegue per circa due ore fino a Jomosom. Il traffico é praticamente inesistente e il panorama é grandioso sulla valle del Kali Gandaki e sul gruppo del Dhaulagiri. A Jomosom molti terminano il trek, visto che da questa cittá si puó prendere un aereo per Pokhara o una Jeep per Tatopani. In realtá il trek ha ancora molto da offrire, in particolare alcuni fantastici scorci sul Dhaulagiri e sull’Annapurna I. In piú arrivati ad old Jomosom si puó abbandonare la strada e proseguire per il resto del giorno su sentiero. Si svolta a sinistra poco prima del ponte di legno ( indicazioni ) e quindi si prosegue sul lato sinistro del fiume. In breve si raggiunge il primo villaggio tradizionale, Thini, dove le case sono tutte dipinte di bianco. Il sentiero ci porta quindi sulle rive del bel laghetto di Dhumba oltre il quale svoltiamo a sinistra ( indicazioni ) e saliamo verso un passo. Da qui in poi inizia la parte caratterizzata dal vento, in certi punti molto forte. Lasciati sulla destra un monastero e il piccolo villaggio di Dhumba attraversiamo il letto di un fiume e saliamo verso una parete rocciosa che bisogna aggirare. C’é qualche tratto esposto e il vento complica le cose. Si ridiscende infine al livello del Kali Gandaki che si attraversa con un ponte sospeso poco dopo Chairo, un villaggio di rifugiati tibetani. Non resta che seguire la strada che in breve ci porta ad Old Marpha, uno dei villaggi tradizionali piú belli e meglio conservati del circuito. Tutte le case sono in pietra, dipinte di bianco. E’ un villaggio un po’ piú turistico di quelli piú in alto perché ci vengono anche turisti in jeep. Marpha é famosa per le mele e tra i vari prodotti si puó assaggiare anche l’ottimo apple brandy.
TREDICESIMO GIORNO: MARPHA-KALOPANI ( 4.30 ore )
Anche tra Marpha e Kalopani c’é la possibilitá di sfruttare una variante ma io ho preferito seguire la strada. In ogni caso questa tappa é una delle migliori per quanto riguarda la vista sulle montagne: in particolare si puó godere di una fantastica vista sul Dhaulagiri e di uno splendido tramonto sull’Annapurna I. Anche in questo caso il traffico é quasi inesistente quindi si cammina volentieri anche sulla strada. Poco dopo Marpha si raggiunge il primo villaggio tradizionale, Tukuche, che merita senza dubbio una sosta. E’ un antico villaggio Thakali che per secoli fu un importante centro nella rotta commerciale tra il Nepal e il Tibet: qui si pagavano i dazi per il sale e le carovane si fermavano nei caravanserragli prima o dopo il difficile viaggio attraverso l’Himalaya.
Si prosegue quasi ipnotizzati dall’impressionante vista sul Dhaulagiri e la famosa cascata di ghiaccio: all’altezza di Larjung si passa praticamente sotto la montagna che svetta piu’ di 5 chilometri sopra la nostra testa. Notevoli anche gli scorci sulle tre cime del Nilgiri che si trova sul lato opposto della valle. Poco prima di Kalopani si puó attraversare il fiume e fare l’ultimo pezzo sul sentiero. Arrivati nel villaggio si apre grandiosa la vista sull’Annapurna I e sull’affilato Fang: questo é l’unico punto del circuito dove si ha una chiara visuale sulla massima cima del gruppo dell’Annapurna, e il tramonto é spettacolare. L’alba invece é perfetta per ammirare il Dhaulagiri e il Tukuche Peak sull’altro lato. Da Kalopani ci sono varie possibili escursioni, che col senno di poi mi dispiace non aver fatto, ma un po’ per stanchezza e un po’ perché ero stretto coi tempi ( e alla fine ho comunque fatto un overstay di un giorno ) ho deciso di rinunciare.
QUATTORDICESIMO GIORNO: KALOPANI-TATOPANI ( 5 ore )
Ultimo giorno di marcia, a Ghasa ho deciso di prendere l’autobus per Tatopani e di farmi una mezza giornata di relax alle sorgenti calde. Lasciata la freddissima Kalopani ( uno dei posti piú freddi, anche se si trova a “solo” 2800 metri ) e la sua fantastica vista sulle montagne si prosegue sulla strada fino a Lete, dove alla fine del villaggio possiamo prendere la variante segnalata dalla vernice biancorossa sulla destra. E’ un piacevole sentiero nel bosco che in poco piú di tre ore ci porta a poche centinaia di metri da Ghasa, dove si firma l’uscita dal parco e dove finalmente si trovano un clima piacevole e prati fioriti. Poco dopo il check point c’é la stazione degli autobus dove si puó prendere la corriera per Tatopani. La strada é pessima e l’autobus scomodissimo. A Tatopani tutti sono molto rilassati e obiettivamente non c’é niente di meglio di qualche ora in ammollo nella vasca delle sorgenti calde e una buona birra gelata dopo tanti faticosi giorni di cammino.
QUINDICESIMO GIORNO: TATOPANI-POKHARA
Non c’é piú da camminare ma l’ultimo giorno é ugualmente faticoso, visto che c’e’ da affrontare un lungo tratto di strada sterrata pessima e piuttosto pericolosa prima di raggiungere la strada asfaltata poco dopo Beni. Si possono trovare jeep collettive all’inizio del villaggio di Tatopani dalle 8 di mattina in poi. A Beni si possono prendere sia il bus sia jeep collettive relativamente comode.
CONCLUSIONI
Sicuramente chi ha fatto questo trek prima della costruzione delle strade ha trovato un ambiente piú incontaminato e gente piú genuina nei villaggi, ma grazie alla passione di alcuni veri amanti della montagna che hanno tracciato nuovi itinerari e alla bellezza travolgente dei paesaggi e delle montagne Himalayane ( che non potrá mai essere alterata dalla mano dell’uomo ) possiamo ancora considerare questo trek tra i migliori del mondo. Poi comunque il passo Thorong La non ha perso il suo fascino, e rimane ancora il piú famoso e ambito passo di tutto l’Himalaya. La vista sulle montagne é spettacolare: in particolare mi hanno colpito quella sul gruppo dell’Annapurna tra Upper Pisang e Manang, quella delle montagne attorno Thorong La, quella sul Dhaulagiri e sull’Annapurna I da Kalopani. Tra i bellissimi villaggi tradizionali mi sono piaciuti molto Upper Pisang, Braka, Manang, Kagbeni, Dzong e Marpha. Nei villaggi principali non c’é molta interazione con i locali, anche perché quasi tutti lavorano con i trekkers e ti vedono come un semplice cliente. Tutti gli altri si sono trasferiti a Pokhara e a Kathmandu.
Una cosa che é cambiata molto rispetto anche a pochi anni fa, e purtroppo in peggio, é la qualitá dei trekkers. I veri amanti della montagna sono sempre di meno: ormai questi trek sono diventati vere e proprie attrazioni turistiche, sia per i backpackers ( se tra il corso Vipassana in India e il brevetto immersioni alle isole Gili o a Ko Tao non hai fatto un trek in Nepal non sei un vero backpacker ) che per i turisti organizzati. Ci sono molti Francesi, a quanto pare il Nepal é una delle destinazioni piú pubblicizzate dai tour operator d’oltralpe. Una cosa che non riusciró mai a capire é il perché gente che abita ad un passo da montagne bellissime come le Alpi ( che io non considero inferiori a quelle Himalayane come bellezza, e ne ho viste molte di entrambe le catene ) debba andare fino in Nepal a scoprire quanto é bello andare a camminare in montagna. Misteri del turismo!
In tutta franchezza mi aspettavo che questo trek fosse piú impegnativo: i pericoli ci sono e se qualcosa va storto l’esperienza ti puó salvare la vita, ma in condizioni ideali é un itinerario alla portata di chiunque abbia una condizione fisica accettabile ( e con il portatore forse non serve nemmeno quella ). Certo, partendo da Besisahar sono 10 giorni di marcia e quasi 5000 metri di dislivello da affrontare fino al passo, quindi c’é da sudare. Ma voglio ribadire per l’ennesima volta che chi fa un trek in Nepal non diventa automaticamente un alpinista o un esperto di montagna. Molti che hanno fatto il trek dell’Everest o dell’Annapurna non sarebbero in grado di fare salite o sentieri attrezzati con modeste difficoltá nelle Alpi. Diffidate quindi da blogger che si spacciano per esperti in base ad un trek in Nepal, i veri esperti di montagna hanno anni di esperienza e decine di salite documentate.
L’itinerario e i villaggi sono completamente diversi da quelli del trek del campo base, anzi direi che in un certo senso i due trek sono complementari: piú selvaggio e vario quello del circuito, piú affascinante per i grandiosi scorci su Fishtail e Annapurna I quello del campo base. Per quanto mi riguarda li metto allo stesso livello, non saprei dire qual’e’ il migliore. Alcuni li fanno entrambi insieme ( ho anche incontrato un simpatico inglese che oltre a questi s’era fatto pure quello dell’Everest… ) ma secondo me non é una grande idea ed é molto meglio farne uno alla volta. Come sempre ho fatto questo trek senza guide né portatori: non giudico chi va in montagna in questo modo ma per me sarebbe come barare. E poi, come ho sempre sostenuto e scritto anche su questo blog, per questi trek le guide sono inutili e i portatori quasi, possono avere un’utilita’ solo per anziani o per chi davvero non ce la fa. Meglio tenersi i soldi e farsi una settimana di relax da qualche parte alla fine del trek. Avevo un bagaglio di circa 10 chili, l’acqua la prendevo da fontane e ruscelli e la purificavo con il cloro. In tutti i lodge dove mi sono fermato ho mangiato benissimo.
Senza dubbio questo periodo tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre é il migliore per fare trekking da queste parti: ho trovato due settimane di cieli tersi e pochissima gente sui sentieri ( le guide consigliano ottobre-novembre e ovviamente quasi tutti vanno in quel periodo ). In alcuni villaggi fa molto freddo ma si puó sopportare per qualche giorno ( e comunque è sempre una buona idea scegliere un lodge con la stufa ).
I prezzi di tutto continuano a salire di anno in anno, ma é ancora possibile fare questi trek spendendo relativamente poco, scegliendo lodge in villaggi meno frequentati e contrattando l’alloggio e il mangiare ( se fai tre pasti spesso é possibile avere la stanza gratis o pagando una cifra simbolica tipo 50 rupie ). In tutto in 16 giorni ho speso circa 150 euro, compresi permessi ( circa 40 euro ) e trasporto.